Buongiorno readers! Vi è mai capitato di fare un tuffo nel passato? Ecco, Dancing in the Wind di Silvia Carbone mi ha riportato indietro nel tempo, facendomi rivivere i ricordi di quando ero bambina. E ora la domanda è una sola: mi sarà piaciuto?
Dancing in the wind. Un passo. Un battito
Dakota Hunt, ballerina della scuola di arti performative Juilliard di New York, è all’apice della sua brillante carriera di studi. Danzatrice promettente, nasconde però una dura lotta con i suoi disturbi alimentari. Fino al crollo.
Fino a lui. Zephyr Hale è il cattivo ragazzo che tutte sognano, ma sotto la rude facciata, si nasconde l’anima di un artista. Sarà l’incontro con Dakota, fatto di incomprensioni e fraintendimenti, a spingerlo a vedere finalmente oltre le apparenze. In un susseguirsi di sfide che il destino ha in serbo per loro, l’amore tra i due ragazzi diventerà qualcosa di importante e speciale.
Ma il legame che li unisce potrà mai resistere, una volta che Dakota e Zephyr dovranno fare i conti con i propri demoni?
Danza, dolore e desiderio
Fin da piccola ho praticato danza classica. Non certo ai livelli di Dakota Hunt, la protagonista di questa storia, promessa ballerina alla prestigiosa Juilliard di New York, ma ricordo ancora quanto amassi ballare e quanto ami tuttora farlo, in segreto, a casa, lontano da occhi indiscreti. Quando ho visto che Dancing in the wind. Un passo. Un battito di Silvia Carbone in casa Queen Edizioni parlava di danza, e che il protagonista maschile aveva anche i tatuaggi… beh, non potevo proprio ignorarlo.
Leggere una storia che parla di disciplina, passione e sacrificio mi ha toccata nel profondo. Solo chi ha vissuto, anche solo in parte, quel mondo sa quanto possa essere affascinante ma anche spietato. Col tempo ho deciso di allontanarmi dalla danza: troppo rigida, troppo esigente, con un lato oscuro che non tutti riescono a sostenere. È stato emozionante, quindi, ritrovare tra queste pagine le luci e le ombre di una passione che, anche se accantonata, non ho mai davvero dimenticato.
Personaggi grumpy X grumpy
Dakota Hunt mi ha ricordato un’amica che, come lei, amava visceralmente la danza e pretendeva tanto da sé stessa. L’ho sempre vista sorridere, apparentemente serena, forte. Solo anni dopo ho scoperto che anche lei, dietro quel sorriso, nascondeva una battaglia silenziosa contro i disturbi alimentari. Leggere di Dakota è stato come rivedere la sua storia da un’altra prospettiva: quella di chi soffre in silenzio, mentre fuori continua a brillare.
Dakota è una protagonista intensa, che vive e respira per la danza, ma il suo talento nasconde una fragilità che spezza il cuore. I disturbi alimentari che combatte in silenzio sono descritti con delicatezza ma anche con cruda sincerità. Non sono solo un ostacolo da superare, ma parte integrante del suo percorso di crescita e dolore. Il suo crollo non è solo fisico, ma emotivo, e arriva come una ferita aperta che non puoi ignorare.
Mentre invece Zephyr è l’archetipo del cattivo ragazzo, ma la sua anima artistica e tormentata lo rende molto più di uno stereotipo. È spigoloso, protettivo, diretto, spesso frainteso, ma proprio per questo incredibilmente umano. Sarà per questo che il primo incontro tra Dakota e Zephyr è tutt’altro che facile: tra fraintendimenti e caratteri forti, sembra che i due ragazzi grumpy siano destinati a respingersi e, per quieto vivere, a ignorarsi il più possibile.
Eppure, proprio da quel contrasto nasce qualcosa di profondo e inaspettato. Nonostante provengano da mondi diversi, saranno proprio le loro fragilità ad avvicinarli… o finiranno per allontanarli ancora di più?
Hate to love con Art as Therapy
Il loro legame non è semplice, né immediato. È fatto di barriere, paure, demoni interiori. Ma è proprio questo a rendere l’amore tra Dakota e Zephyr così coinvolgente: è imperfetto, doloroso, reale. La doppia narrazione alterna momenti di dolcezza disarmante a crolli emotivi che stringono il cuore. Il lettore viene trascinato nella loro spirale, senza vie di fuga.
«La mia anima danza con la tua.» «La tua anima danza nel vento insieme a me.»
È come se ci si trovasse dentro al hate to love accanto a questi ragazzi e alle loro famiglie. Alcuni personaggi secondari offrono sostegno prezioso, mentre altri, in particolare la madre di Dakota, non fanno che peggiorare la situazione. È proprio lei il personaggio che ho più faticato a sopportare: fredda, giudicante, distante. Il suo modo di rivolgersi alla figlia e la pressione che esercita su di lei sembrano aver contribuito all’origine dei disturbi alimentari di Dakota, ignorando completamente i suoi sentimenti e il suo dolore.
Zephyr, nonostante un passato oscuro, ha avuto accanto a sé una famiglia pronta a sostenerlo, soprattutto Des suo fratello più piccolo. Zephyr è il personaggio che più mi ha colpito: nei suoi gesti, nei suoi silenzi, e soprattutto nel modo in cui riesce a trasformare rabbia e dolore in arte usandola come terapia. L’equilibrio che aveva faticosamente costruito viene scosso dall’arrivo di Dakota, una presenza che lo destabilizza, sì, ma che lo mette anche profondamente in discussione.
In conclusione
Ho apprezzato moltissimo come l’autrice ha affrontato i temi quali la salute mentale, la perdita di persone care, la ricerca d’affetto, la pressione nelle scuole d’élite e tanti altri. Il mondo della danza non è solo sfondo, ma l’elemento centrale che riflette la disciplina e la rigidità con cui Dakota affronta ogni cosa, anche se stessa. Allo stesso modo, l’arte e la musica sono ciò che Zephyr usa per esprimere ciò che non riesce a dire. Le loro passioni diventano il linguaggio attraverso cui imparano a conoscersi.
In conclusione, Dancing in the Wind non è solo una storia d’amore. È un viaggio nelle insicurezze, nei sogni e nei dolori di due ragazzi che, attraverso l’arte e il contatto umano, imparano a conoscersi e a curarsi. Silvia Carbone ha dato voce a ferite reali e silenzi che fanno rumore, e lo ha fatto con delicatezza e intensità.
Se cercate un romanzo che emoziona, che fino all’ultimo vi fa rimanere in suspense, che vi scuote dentro e che vi lascia un segno, questo hate to love per voi. Io, personalmente, l’ho vissuto come un passo di danza: a volte leggero, altre straziante, ma sempre sincero.
4.3 out of 5.0 stars